-
di Zoe Daria Battagliarin
Da più di un mese ormai, sulle vetrine di molti negozi della città di Venezia sono spuntate piante di bambù accompagnate da una scritta e da un numero. La scritta è sempre la stessa, mentre i numeri aumentano: sfitto 1, sfitto 2, sfitto 43, sfitto 95. La street artist Freaks of Nature, ne ha dipinti solo centotrenta, ma di negozi sfitti ne ha contati più di trecento. Sono numeri che segnalano un problema che la stessa Freaks ci ricorda essere comune a molte città italiane. Prima di Venezia infatti aveva fatto crescere bambù a Vicenza, Padova, Belluno e Bassano e pare che presto la foresta dilagherà anche fuori dal Veneto.
Freaks, di origini milanesi, ma veneta di adozione, durante l’intervista telefonica attraverso la quale l’ho conosciuta, mi ha dato l’idea di essere una donna decisa, concreta, con le idee chiare sul progetto che vuole portare avanti. Se si guarda al suo lavoro in maniera più ampia, lei stessa in un’intervista a Room 21 dice che il suo obbiettivo è quello di diffondere il concetto di natura invasiva. Il suo tratto è scarno, primitivo, solitamente verde e grazie a tutti questi elementi facilmente riconoscibile. Non le piace molto raccontarsi, né definirsi entro categorie rigide; preferisce parlare del suo lavoro, delle reazioni che questo ha suscitato, delle persone con cui si è trovata a collaborare.
A Venezia è passata la notte del 22 gennaio. Anche qui decine e decine di piccole attività sono morte negli ultimi due anni. Una morte silenziosa che i bambù di Freaks hanno cercato di riportare sotto gli occhi di tutti: cittadini, istituzioni e turisti, loro malgrado. Lo scopo era quello di avviare una riflessione, la speranza che si aprisse un dialogo (che in parte, dice l’artista, c’è stato). L’incontro con Venezia per Freaks tuttavia è stato “deprimente”, così lei lo definisce. “Ho avuto la sensazione di trovarmi in una città che aspetta: aspetta che tornino i turisti, che le cose cambino, ma è ferma. Questa città -afferma- sembra morta”. Il cambiamento secondo lei parte dalle azioni, ed è proprio così che definisce i suoi bambù: azioni. Crescono in una notte, magari imperfetti, talvolta anche al posto sbagliato, ma sono il frutto di una reazione spontanea ad una delle tante forme che il disagio ha assunto in questi ultimi due anni. “I centri delle città si stanno spegnendo a poco a poco e nessuno sembra fare nulla per fermare questo abbandono. Com’è possibile? E gli artisti veneziani dove sono finiti? Dov’è finita la loro voce?”. Questa la provocazione lanciata da Freaks che pur non essendo veneziana conosce la città e ora stenta a riconoscerla.
Qualche tempo dopo la sua performance in laguna, Freaks si è chiesta se Venezia avesse veramente bisogno di quei negozi. Che attività erano quelle che avevano chiuso? Insignificanti negozi di souvenir o botteghe di artigiani, fruttivendoli, mercerie? Se si fosse trattato dei primi, la scomparsa di questi non sarebbe un problema, ma semmai un sollievo.
Se invece si fosse trattato dei secondi, ci sarebbe da chiedersi se una città che perde più di 7.000 residenti all’anno non debba prima o dopo ritarare anche il numero di attività produttive che forniscono servizi a misura di cittadino. La condizione fondamentale perché questi negozi sopravvivano, è una città abitata.
Anche se ora Freaks ha rivolto la sua attenzione verso altri luoghi, il suo progetto prevede di tornare a distanza di tempo in tutte le città che ha dipinto, per constatare di persona come si evolverà la situazione. Intanto, finito da poco il Carnevale, molti bambù sono stati cancellati, altri hanno trovato il loro posto fra le calli. Dietro di loro, per il momento, rimangono negozi sfitti.
留言