Al Laguna pride 2025 a Venezia, nuov* artist* queer protestano celebrando il proprio corpo.
- Anna Dal Pont
- 3 giorni fa
- Tempo di lettura: 8 min
L* performer che rispondono alla call for artist si ribellano contro i divieti soffocanti che la società impone ai loro corpi.
Il pride è un momento in cui le persone queer celebrano se stess* e la propria storia, è un tributo per tutt* coloro che nel passato hanno lottato, per color* che sono stat* uccisi e oppressi dal sistema patriarcale. La marcia è una rivendicazione dei propri diritti, in particolare quello di poter essere e sembrare chiunque o qualunque si voglia.
“Il travestimento, il trucco, le parrucche cotonate, i baffi finti e le paillettes sono le nostre armi per ribellarci contro l’eteronormatività della società cis-patriarcale in cui viviamo e che ci vuole rigorosamente distint* nei ruoli statici e contrapposti di uomo/donna”. Questa è la frase pubblicata sulla pagina instagram del Laguna Pride 2025, svoltosi il 6 giugno a Venezia. Il collettivo che organizza l'evento ha così invitato nuovi volti per le esibizioni post-corteo. Una chiara denuncia ad un sistema che essenzializza le persone in categorie binarie soffocanti. L* performer si ribellano alla depersonalizzazione sfoggiando il loro corpo in maniera appariscente e rumorosa. Alla call for artist hanno risposto: Lola, con il suo spettacolo che univa il burlesque a tecniche da giocoliere mangiafuoco ed Edgar Lynx, che si esibisce come drag king. Insieme a loro si sono esibit* anche le immancabili queen della House of Serenissima: Tessy Phora e Sapphic Sapphire.
Coloro che hanno partecipato alle performance hanno celebrato il proprio corpo come forma di protesta, attraverso costumi sgargianti, trucchi esagerati, movimenti provocanti contro un sistema che costringe le personalità non binarie a nascondersi e a vergognarsi. Salire sul palco è un atto di affermazione del diritto di affermarsi, di mostrare la propria identità. Il corpo è un tema centrale del movimento femminista e LGBTQ+, in quanto strumento attraverso cui gli individui si esprimono ed esperiscono il mondo. Le superfici naturali del corpo sono riconosciute come degli strumenti che le persone queer possono usare per rivelare la falsità delle categorie di genere e sesso. La performance è una forma di attivismo in quanto permette di mostrare l’oppressione del linguaggio e del corpo operata da parte dell’ordine dominante. Di fronte alla limitazione della propria libertà, si celebra il proprio corpo, lo si abbellisce, lo si rende superficie da cui costruire e ci si riafferma. Il corpo è politico.
Durante il corteo, ho dialogato con l* artist* per conoscere la loro storia, la loro relazione con il corpo e il significato che attribuiscono alle performance. Nonostante queste siano tematiche a cui io sono molto vicina e che conosco bene, parlare con loro è stato un atto di amore e di cura. Le storie delle sorelle sono un mezzo potentissimo per aiutarci a scoprire noi stess* ed affrontare le nostre insicurezze. L’atto di raccontare è anch’esso politico, in quanto permette di generare nuove narrazioni che destabilizzano quella dominante. Ascoltando le parole di Lola, Edgar Lynx, Tessy Phora e Fiordilatte “l* truccatric* ufficiale della House of Serenissima e performer”, ho provato emozioni molto profonde. La pelle d’oca, le lacrime, il sorriso, gli abbracci, sono tutte esperienze di costruzione e decostruzione. La condivisione permette di avere compassione per gl* altr* e per se stess*. In questo articolo, lascio a loro la parola per raccontarsi e per rappresentarsi, spero di portare al mi* lettor* lo stesso senso di appartenenza che hanno generato in me quest* strordinari* artist*.
Lola (su instagram @miss_lola_little) si è esibita in una performance burlesque. Al salire del ritmo della musica si è spogliata della lunga giacca nera, rivelando se stessa. Un reggiseno coi brillantini, degli short di jeans e le calze a rete rivestivano il suo corpo che non rientra nei canoni estetici “stabiliti” come ideali. Lola mi ha raccontato di quando da piccola era continuamente esclusa dagli sport, sempre in panchina, l’ultima a nuoto a causa del suo corpo. La sua forza le ha permesso però di lottare contro queste umiliazioni e con lo spettacolo da mangiafuoco finale vuole “portare luce in un mondo che non ne ha più”. Ingoia il fuoco come se volesse ricaricarsi attraverso il suo calore per poter spaccare tutte le leggi. Gli abiti che indossa sono simbolo di riappropriazione della libertà di mostrarsi come vuole. Gli short tipici delle teenager, che mostrano il sedere, creati dalle società capitaliste per oggettificare il corpo della donna, su Lola prendono forma di ribellione. Il sistema in cui viviamo si legittima attraverso l’imposizione di regole da parte dei dominanti verso l* dominat*, esso pone sotto stretto controllo le persone appropriandosi il diritto di poterle definire. Il pride è anche la celebrazione dell’eccesso. Questo tema è stato sollevato da quasi tutt* l* intervistat*.
Lola è venuta appositamente a Venezia per denunciare una situazione in cui è stata silenziata. Nel suo paese, a Vittorio Veneto, le è stato impedito di performare perché il proprietario di un locale le ha detto di essere scandalosa ed eccessiva. Lei risponde così: “Ma troppo perché? Il burlesque è inclusivo, non ha forma colore o genere, lo può fare chiunque”. Lei ama il burlesque perché le permette di essere chi vuole: una diva o un animale. La sua è una celebrazione del corpo della donna non conforme agli standard di bellezza e una riappropriazione di uno dei lavori che più l’hanno oggettificata. L’atto di spogliarsi, associato al sex work, diventa un modo per catturare l’attenzione delle persone: “il teasing consiste nel toccare il proprio corpo, cosa che facciamo sempre anche durante la doccia. Esso cerca di abbattere le barriere che ci intrappolano. Anche se mi butti giù io sono fiera del mio corpo”.
Edgar Lynx (su instagram @edgar.lynx), in particolare marcia il 6 giugno come sfida non solo al sistema patriarcale e binario, ma anche al mondo del drag. Con un passato da attrice, esplora i modi attraverso cui definire la propria identità di genere. Si riconosce come una persona non binaria, ma accetta i pronomi femminili per adattarsi ad un mondo che ancora non ha affinato il proprio linguaggio. Tuttavia, sul palco sceglie di essere un drag king e si veste da detenuto. Secondo lei, imporre delle categorie agl* artist*, impedendo loro di attraversare i confini del genere è una castrazione. Lei si riconosce e si sente a proprio agio negli abiti e nella performance del maschile, ma persino questi sono troppo limitati per definirla. Attraverso il drag, Edgar sperimenta con l’essere, si trasforma e fa sì che il proprio corpo sia strumento di rottura dei limiti. “Mi piace il drag perché mi permette di essere chi voglio, mi posso trasformare, non mi pongo problemi. Posso diventare una sedia, un albero, un uomo, una donna, con le donne iper-femminili faccio più fatica”. La sua performance è anche un atto di ribellione contro le visioni stereotipate del drag come arte esclusiva delle drag queen. Edgar decide di condurre il suo spettacolo come drag king, ribaltando anche gli stereotipi di genere interni alla comunità queer. Durante la sua performance, balla al ritmo di una canzone contro il sistema delle carceri, una piccola rappresentazione del mondo politico contemporaneo. La sua performance si caratterizza dunque come modo per liberarsi dalle catene e denunciare a ritmo di musica la presidente del consiglio Giorgia Meloni.
Il pride è una rivendicazione del diritto di essere liberi. Tessy Phora (su instagram @tessy_phoraa) mi guarda con il viso colorato dalla bandiera arcobaleno e un vestito a balze che lo richiama. I tacchi a spillo la elevano a regina che, con tutta la sua bellezza, balla sulle note di Break free di Ariana Grande. “Liberati” è il messaggio che la queen manda. Una liberazione non solo dagli standard di bellezza interni alla comunità gay. Riconosciuta la propria sessualità, Tessy ha odiato per molto tempo il proprio corpo ed il drag è stato proprio lo strumento attraverso cui si è riappropriata della propria apparenza. Tuttavia, la lotta è quotidiana. Anche nel mondo drag è stata criticata perché la propria forma fisica e i propri lineamenti sono stati definiti poco femminili. Anche nel mondo queer la femminilità è ancora riconosciuta come una caratteristica naturale che denota le donne. Essa rappresenta una delle tante maschere imposte dalla cultura patriarcale dominante per controllare i loro corpi. Tessy vuole “Liberarsi”. “Ad un certo punto ho detto a me stesso che non volevo passare in un’altra gabbia, ho deciso di infischiarmene e di costruire un’immagine di me in drag che piaccia a me, senza che qualcuno si aspetti di vedere una figura di una donna come la società impone che sia una donna depilata, elegante, magra, raffinata, truccata in un certo modo. Questo non mi stava più bene. Ho detto basta. Non voglio sembrare una donna intesa come una società intende una figura femminile”.
Per Fiordilatte (su instagram @fiordilateee), il pride è celebrazione del proprio corpo, ma anche performance disgustosa. L* truccatric* ricerca lo shock nel viso delle persone quando cammina per le strade o quando si riempie di glitter sul vaporetto. Il disagio è anch’esso un atto politico. Mentre mi raccontava del piacere che provava nel sentirsi dire di “essere eccessivo”, ho sentito una scossa che mi ha fatto realizzare come il pride sia prima di tutto un nuovo modo di vivere e di vedere il mondo. Per l’osservatore, il disgusto si caratterizza come una componente emotiva del processo di decostruzione. La sensazione di disagio crea instabilità, la quale indica che si sta sperimentando in termini spaziali una condizione al di fuori della propria posizione di privilegio. Il fastidio permette di andare oltre i propri orizzonti politici e sfidarli. Per Fiordilatte, tutto ciò è possibile attraverso il trucco. Per lei il make-up è un atto politico, uno strumento di lotta, una celebrazione e affermazione della propria identità e un mezzo di esplorazione della propria creatività.
Fiordilatte alza lo sguardo illuminato dai brillantini e mi guarda con il volto colorato, dicendomi: “L’iperfemminilizzazione ha un significato profondo, è svelare i meccanismi sotto cui viviamo tutti i giorni. Io ho avuto un periodo in cui non volevo truccarmi, la vedevo come una forzatura perché da ragazza ti insegnano che ti devi truccare per nascondere le insicurezze e farti piacere da uno sguardo maschile. Poi ho capito che con il trucco potevo creare, creare disgusto e far saltare in aria quella roba lì. Con le tue regole che hai usato per affossarmi, io ci gioco”. Con poche parole è capace di mostrare sensibilità verso molte delle questioni che definiscono la quotidianità delle donne e/o delle persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, dell* emarginat*, dell* dominat*. La marcia del pride è un modo per riappropriarsi di ciò che in passato è servito da strumento di oppressione: il corpo oggettificato, reso strumento di procreazione e di lavoro non pagato, discriminato e insultato. La femminilità che oggi è utilizzata dalle grandi multinazionali per capitalizzare sulle insicurezze della popolazione. Il corpo non è un tema che permette di riflettere solamente su queste questioni, ma si espande al di fuori del contesto del genere e della sessualità, proprio come fa il pride. Prima di marciare, i partecipanti al corteo hanno ricordato che il movimento per i diritti delle donne e delle persone queer è transfemminista e anticolonialista. I corpi per cui si combatte sono anche quelli dei bambini e degli innocenti uccisi dal genocidio in Palestina, vittime dello stesso sistema che si arroga il potere di determinare a quali corpi attribuire valore: “siamo il coro altissimo e feroce di tutti quei corpi che più non hanno voce”. Le urla del corteo risuonano per tutto il mondo a denunciare i soprusi del sistema capitalista e patriarcale, il quale opera su stratificazioni del potere.
La lotta è anche gioco e divertimento, proprio come mi ricorda Tessy: “Per quanto la lotta è una parte fondamentale del nostro essere drag e queer, a volte c’è così tanta merda e notizie negative, ogni tanto bisogna potersi ripetere che essere queer è una festa. Volevo fare una performance meno “impegnata” del solito e portare un abito che non fosse qualcosa di strettamente provocatorio, politico, ma che rivendicasse quanto dovrebbe essere una festa oltre che una lotta”. Ridendo di gioia per gli apprezzamenti del pubblico, la queen della House celebra ciò che la cultura dominante discrimina. La festa non è una derisione degli obiettivi politici, non è un’occasione per ubriacarsi e ballare. Essa è un movimento politico. Contro un sistema in cui i numeri dei casi di depressione sono sempre più preoccupanti, il pride è gioia di vivere. Il drag è una performance politica. La parodia che esso attua rispetto agli standard di genere genera un riso sovversivo. L’uomo e la donna smettono di essere due categorie identitarie naturali che descrivono gli individui e si rivelano essere false. L’atmosfera che si è respirata durante quel corteo è stata intrisa di amore, di gioia, di accettazione, di libertà. Alla fine di ogni pride rimane il sogno di un mondo in cui tutto ciò possa diventare la normalità, in cui si è libere di marciare colorate e piene di glitter, con le forme eccessive. Un mondo in cui il corpo non è oggetto, ma strumento di affermazione della propria identità e del proprio valore. Un mondo in cui tutti i corpi hanno gli stessi diritti.
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