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Donne, Dee, Muse ed altri sguardi

Oltre la mostra

Di Agata Lucchetta

Foto 1: maschere di sette muse greche. Da sinistra: Clio, Urania, Melpomene, Polimnia, Erato, Talia.

Dal 14 Febbraio al 1 Marzo, dalle 9:30 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 17:30, nella Sala dello Stendardo presso Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Venezia, è possibile ammirare alcune delle maschere in cuoio create dal Maestro vicentino Giorgio De Marchi.

La mostra, Donne – Dee – Muse ed altri sguardi, la cui direzione artistica è affidata ad Eleonora Fuser, attrice professionista e operatrice culturale veneziana, vuole partire allegoricamente da una Venezia femminile, musa ispiratrice di arte e cultura in tutti i tempi, riconducendosi così ai festeggiamenti per i 1600 anni dalla nascita della città. L’ispirazione prende le mosse dal mito antico di fondazione del Veneto da parte di Enea, da cui Giorgio si immagina la creazione e presenza di miti femminili circolanti tra la popolazione, che nella mostra vengono rappresentati dalle maschere delle nove muse (foto 1 e 2) e da figure mitiche di Medea e Cassandra (foto 3).

Foto 2: le altre tre muse. Da sinistra: Tersicore, Calliope, Euterpe

La realizzazione di queste maschere è il risultato di una ricerca che ha l’intenzione di

evolversi in un progetto teatrale, intitolato Le Testimoni, in programma per il 2023. Esso

si ispira alle Troiane di Euripide e alla rivisitazione di alcuni miti femminili tratti da

Fuochi di Marguerite Yourcenar (1903-1987) e da Cassandra e Medea di Christa Wolf (1929-2011). In questo spettacolo verranno, infatti, utilizzati i lavori di Giorgio De Marchi presenti alla mostra e quelli che verranno creati nell’Officina Laboratorio, dove coloro che parteciperanno potranno costruire una maschera neutra con la tecnica della carta gessata sul proprio volto. Alcune di esse saranno poi scelte per diventare le maschere delle altre protagoniste delle Testimoni, quali Ecuba, Pentesilea, Clitenestra, Marpessa, Elena e Andromaca, personaggi antichi dai volti contemporanei, in una compenetrazione, di presente e passato nell’universalità del ruolo della donna in tutti i tempi.




Foto 3: maschere di Medea e Cassandra realizzate in cuoio con materiali poveri dal Maestro Giorgio del Marchi.

L’opera d’arte diviene il veicolo per una rivisitazione al femminile del “mito dei padri”, attraverso le tracce di una linea matriarcale fatta di donne ostracizzate e negativizzate, capri espiatori di azioni e situazioni misteriose e complesse, in un ribaltamento dei loro ruoli e delle loro funzioni dove la figura femminile è qui espressione di un’atavica salvezza, «forza portante dell’umanità».

Le maschere presenti alla mostra, la quale, visto il nesso tra maschere teatrali e carnevalesche, fa parte di un più articolato progetto per i festeggiamenti veneziani del carnevale organizzato dalla Scuola Grande, sono anche la rappresentazione della «luccicanza», cioè di quel “sesto senso” o “seconda vista”, che permette, quasi magicamente, a Medea, una delle sfortunate testimoni, di capire che alla regina Merope sta per accadere qualcosa di oscuro e brutale e che lo stesso orribile destino toccherà anche a lei. L’orrore, l’angoscia, la tristezza e la risolutezza che questa figura femminile sopporta nella scoperta del misfatto sono emozioni espresse in modo magistrale nell’opera Medea di Christa Wolf, di cui Eleonora Fuser ci ha dato un magistrale, diretto ed emozionante esempio all’inaugurazione della mostra tenutasi domenica 13 Febbraio alle 16:00.


Foto 4: le maschere dei tre oracoli, uniche figure maschili della mostra.

In questa narrazione eccentrica del mito dei padri, che diventa mito delle madri, la figura

maschile non è assente; ricopre quello che per secoli è stato il ruolo femminile nelle

narrazioni mitiche, ossia quello di oracoli (foto 4), addetti alla protezione del tempio.

Attraverso figure mitiche ancestrali e pragmatiche, quindi, la mostra cerca di riscattare il femminile rappresentando donne forti e coraggiose, relegate dalla Storia a pharmacos dei misfatti degli uomini, che per mezzo di una reinterpretazione contemporanea possono finalmente dichiarare ed esprimere il loro punto di vista e la loro piena realizzazione.


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