a cura di Lucrezia Migo
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Intervista alla professoressa Ilaria Crotti (nella foto), docente di Critica letteraria e Letteratura italiana contemporanea (sia triennale, sia magistrale) a Ca' Foscari.
Quale definizione darebbe ai concetti di Identità e Alterità applicati al suo ambito di studi e di insegnamento?
I concetti di Identità e Alterità sono entrati nel dibattito teorico della "Letteratura contemporanea" e della "Comparatistica" oramai da più di un quindicennio, e costituiscono due campi problematici di primario rilievo, in particolare negli studi dedicati all'autobiografia (v. contributi di Philippe Lejeune e Adriana Cavarero) e di tutte le scritture dell'Io. Anzi, si potrebbe affermare che la letteratura è il luogo in cui ogni Alterità (fisica, psicologica, psicanalitica, simbolica) trova voce, espressione, sguardo, punto di vista. Ho tenuto proprio dei corsi su questi argomenti, insegnando in un Minor "Donne e letteratura italiana contemporanea". Poi il Minor, che era seguitissimo, è stato chiuso (!?!) e ora a Ca' Foscari non si impartisce più detto insegnamento. Una scrittrice cui ho dedicato alcuni corsi è stata Melania G. Mazzucco, che nei suoi romanzi - ad esempio in Un giorno perfetto - ha affrontato in modo esemplare un caso di femminicidio.
Quale significato ha, nell'ambiente universitario e accademico d'oggi, il concetto di Alterità, associato poi al dibattito femminista (ad es. mi viene in mente il concetto di Alterità proposto da Donna Haraway nel suo "Manifesto Cyborg"). Quindi quanto è importante, o non importante, mantenere ancora valida la dicotomia uomo/donna o donna/uomo?
Il maschile e il femminile, in letteratura sono per antonomasia chiastici, ovvero l'uno diventa leggibile attraverso l'altro. Non è un caso che, per paradosso, alcune grandi immagini di donne - penso, ad esempio, per menzionare due occorrenze emblematiche, ad Anna Karenina o a Emma Bovary - siano state 'scritte' da uomini. Ma anche viceversa, cioè, ancora solo un esempio, una Elsa Morante ha saputo narrare in termini esemplari alcune figure di ragazzini e uomini.
Ritengo che il concetto di dicotomia uomo/donna o donna/uomo sia soggetto a condizionamenti sociali e culturali e che, quindi, vada letto nei diversi contesti, tenendo presente che il paternalismo, che continua a imperversare, cercherà sempre di assolutizzare il maschile nel maschile e il femminile nel femminile, creando categorie chiuse, che diventano problematiche e sterili.
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